Quella casa in contrada è sempre stata speciale per il piccolo Luigi: lì vivevano i nonni, e prima di loro i nonni dei nonni dei nonni, e sempre lì era nato suo padre. Lui non abitava lì, perché il papà e la mamma, quando si sono sposati, avevano scelto di andare ad abitare in un appartamento più comodo, in centro paese. Ma ogni volta che erano impegnati al lavoro lo lasciavano lì, con la nonna, e Luigi ogni volta faticava a contenere la sua gioia. Quando stava con lei, nelle belle giornate, Luigi poteva uscire e giocare all’aperto: correre nei prati, arrampicarsi sugli alberi, bagnarsi nel ruscello… E quando ritornava in casa sentiva sempre l’odore buono della nonna, che non era profumo o qualche essenza particolare: poteva essere l’odore del caffè tostato, delle mele appena zuccherate e sfornate, del pane caldo cosparso di burro fresco. La nonna aveva sempre un sorriso gentile, una coccola dolce, una parola buona. Spesso la stufa era accesa anche nelle giornate primaverili, addirittura anche d’estate, perché alla nonna piaceva cucinare lentamente i cibi delle ricette che aveva imparato quando era ancora giovane. Non si capiva se fosse per quel motivo, o per i diversi ingredienti misteriosi che adoperava, ma il risultato era che perfino una semplice pasta al ragù era una vera e propria delizia per il palato di Luigi! Mentre Luigi giocava, la nonna passava il tempo lavorando ad uncinetto o sferruzzando con gomitoli di lana dai colori sempre molto tenui: bianco, crema, grigetto… solo una volta la vide “osare” un bordeaux! Molto scuro, però… quasi cupo.
Il piccolo Luigi non aveva ancora sei anni quando il papà, un giorno, gli spiegò che la mamma era andata lontano, e che non sarebbe stata con loro per molto tempo. Così, più di qualche volta, capitava che, se il papà faceva tardi al lavoro alla sera, lui restava a dormire dalla nonna. Arrivò Settembre, e per lui iniziò l’avventura della scuola. I primi giorni sembravano belli: la maestra accolse tutti con un sorriso, i compagni e le compagne erano timorosi come lui, la bidella era un po’ burbera, ma sapeva fare un thè che curava qualsiasi dolore! Un pomeriggio, giocando nel bel mezzo del cortile della contrada, Luigi cadde e si sbucciò un ginocchio. La ferita bruciava molto, ma lui era preoccupato soprattutto perché si erano strappati i pantaloni… ed era un bel buco!! Corse piangendo dentro casa, e la nonna balzò subito in piedi dalla sua comoda sedia a dondolo. Quando vide il ginocchio di Luigi, lo accolse comunque con un sorriso. Disinfettò la ferita (ah, come bruciava!) e poi si mise all’opera coi pantaloni. Dapprima ricucì il taglio orizzontale che si era formato, poi ci applicò sopra una bella toppa azzurra. Luigi guardava la nonna cucire con mano sapiente, in assoluto silenzio. La nonna gli spiegò che, fin quando i due lembi combaciano, si può sempre ricucire il tessuto, e per rinforzarne la tenuta si mette sopra qualcosa che ricordi la cicatrice che c’è sotto, il dolore che si è provato, magari per provare a non farselo ancora. Il risultato fu sorprendente: non pareva neanche più lo stesso paio di pantaloni! Li infilò subito sopra al cerotto e riprese a camminare felice, seppure ancora un po’ zoppicante. L’indomani andò a scuola con i pantaloni riparati, ma subito notò uno sguardo diverso da parte di alcuni compagni. Qualche bambina iniziò a parlottare sottovoce con le altre, ed in breve Luigi si ritrovò solo, senza nessuno intorno. Provò ad avvicinarsi ad un gruppetto di maschietti, ma gli si parò davanti Giovanni, colui che nei loro giochi era sempre “il capo”. Gli disse senza mezze misure che con quei pantaloni rattoppati non poteva più essere loro amico. Luigi pianse in silenzio. Il gesto d’amore della nonna ora gli sembrava un problema impossibile da superare. La maestra lo trovò lì, seduto in un angolo del cortile, ancora attonito e con le guance solcate dalle lacrime. Si sedette vicino e gli parlò. La maestra gli spiegò con tono gentile che ogni giorno ci sono tante cose che si possono rompere: i pantaloni, i giochi, gli oggetti… ma anche l’amicizia e la fiducia tra le persone. Molte cose si possono aggiustare, alcune perché c’è qualcuno bravo a farlo o perché esistono colle e strumenti speciali. Altre non si aggiustano più… e a malincuore molto spesso siamo costretti a buttarle via. Bisogna capire quanto importante sono per noi. Luigi s’illuminò: se i suoi compagni non capivano il valore di un paio di pantaloni aggiustati da una nonna speciale, come avrebbero potuto conoscere il valore dell’amicizia? Si alzò e tornò orgogliosamente in classe. I compagni non capivano, ma cominciarono ad avere dei dubbi di non essersi comportati tanto bene. Da quel pomeriggio Luigi passò sempre più tempo assieme alla nonna indossando spesso quei pantaloni.
E capitò pure di dover rammendare le toppe rotte!
Ogni tanto il pensiero andava alla mamma lontana che non tornava, e si chiese se non esistesse una toppa per rimediare anche a quello strappo.
Qualche anno dopo la nonna lo lasciò. Lui conservò nel cuore questo insegnamento: non bisogna mai stancarsi di aggiustare le cose alle quali si è affezionati, non bisogna mai rinunciare a ricucire quello che si strappa, fino a che i due lembi combaciano.
Luigi continuò a vivere in quella casa, cercava sempre di tenere accesa il più possibile la vecchia stufa, e continuò ad indossare orgogliosamente dei pantaloni con le toppe.
(Roberto Grande, Tutto si aggiusta e non tutto si aggiusta)